Non solo gli ospiti, ma anche chi di loro si prende cura ha avuto occasione di raduno, confronto e legame. Sebbene attraverso lo schermo di un computer, è stata creata una protezione da un “esterno” diventato insidioso attraverso la cura dell’interno, dell’emotivo e della fragilità, di ciò che altrove non poteva essere narrato.
Durante il periodo di emergenza sanitaria è stato proposto a tutti i colleghi di Cooperativa uno spazio di confronto e riflessione di gruppo. L’esperienza ha coinvolto 15 operatori di strutture e territorio, diversi per genere, ruolo e storicità, ma ognuno portatore dei propri vissuti e della propria significativa esperienza. Visto il numero dei partecipanti sono stati creati 4 incontri di gruppo, della durata di 3 incontri ciascuno. Il tutto si è svolto a distanza, in remoto, una modalità molto lontana dalla condivisione relazionale a cui è abituato chi lavora a contatto con l’altro, eppure l’intensità e la ricchezza degli incontri sono stati di una portata così ampia da poter diventare momenti significativi di ascolto reciproco e immagine di una cooperativa che non è solo luogo di lavoro, ma anche di cura.
Grazie alla partecipazione e condivisione di tutti i temi sono stati molti. E’ stato possibile condividere il senso di irrealtà e confusione, oltre ad angoscia e sconforto. Sono emerse tante paure: per i propri cari, per sé stessi, per gli ospiti con cui si è continuato a lavorare, nonostante la fatica a tenere una distanza fisica dagli altri..e di fronte a ciò il senso di impotenza unito al riconoscere l’importanza di tutelare se stessi e gli altri.
E’ stato possibile dire di sentirsi fragili e vulnerabili, di vivere in una costante incertezza.
Nel vivere questo grande cambiamento, mano a mano sono affiorati alcuni bisogni: trovare un equilibrio tra dentro e fuori, dare un senso a ciò che sta accadendo, protezione, stare in ascolto.
E’ stata espressa anche la rabbia, non solo per la messa in discussione della vita personale e lavorativa di ciascuno, ma anche rabbia come spirale di cambiamento, per il quale è indispensabile mettere in gioco le proprie risorse: prendere consapevolezza del proprio modo di vivere, dei nuovi e diversi ritmi interni/esterni che si sono creati, provare a “stare” più che “fare”. Continuare a progettare permette di stare in questa dimensione, aiuta a non rimanere bloccati e vuol dire prendersi cura di sé, a livello personale e lavorativo, nonostante il timore per il dopo. Allora diventa importante darsi tempo per trovare nuovi equilibri e ridefinire priorità. E’ stato riconosciuto questo come momento per trovare il tempo da dedicare al pensiero per portare nuove proposte, investire e dare spazio alla creatività, creare reti e sinergie. E’ stata data importanza alla gruppalità per pensare nuove idee e per attivare il confronto, condividere e raccontare idee, pensieri, vissuti in modo costruttivo. Reinventarsi nei ruoli e nelle relazioni è fatica ma anche energia.
E’ emerso poi un forte senso di gratitudine: la condivisione ha permesso di non sentirsi soli e di esprimere aspetti intimi e di valore, la fiducia è stata riconosciuta come parte costitutiva dei momenti di maggiore vulnerabilità. Fiducia nell’Altro ma anche nella Cooperativa, vissuta come base solida e sicura, fatta di esseri umani fragili, non solo luogo di lavoro ma anche di cura.
Elena Boccon