Giacomo ha 47 anni ma lo spirito di un ragazzo adolescente: indossa ogni giorno il suo inseparabile cappellino sportivo, scarpe da ginnastica, magliette rock e le “indispensabili” cuffiette nelle orecchie con la musica a tutto volume. Ha molti interessi, gli piace la storia, la politica, lo sport ma soprattutto ama la musica. “La mia chitarra” dice “è la mia passione, perché io sono un musicista”. La musica per Giacomo rappresenta la sua forza e la sua tenacia nella lotta contro la malattia mentale e i pregiudizi. “Quando suono, sto veramente bene”. Giacomo divide la casa in cui vive con altre tre persone: Giulia di 35 anni, Anna di 33 e Carlo, il più giovane, di 20 anni. Insieme formano ad Alba uno dei quattro Gruppi appartamento (GA) di pazienti psichiatrici della Cooperativa Progetto Emmaus. Ma cosa vuol dire vivere in un Gruppo Appartamento?
I GA si rifanno all’esperienza statunitense dell’abitare supportato, un approccio radicale alla salute mentale nato negli anni Novanta che intreccia assistenza medica tradizionale e ricerca di autosufficienza. Esso rappresenta una forma di residenzialità che pone attenzione al “piccolo”, cioè a situazioni di convivenza tra poche persone e che permette di prendere in esame in modo analitico ed organizzato il problema della casa. “Gruppo Appartamento” è una definizione in cui viene esplicitata la coesistenza, non sempre scontata e priva di contraddizioni, di due aspetti che fondamentalmente sono sovrapponibili: da una parte l’importanza di garantire e promuovere lo sviluppo dell’autonomia e dell’autodeterminazione degli ospiti; dall’altra l’importanza di garantire e promuovere lo sviluppo di forme di “gruppalità” organizzata (scambio, cooperazione, aiuto) tra gli ospiti, a vantaggio degli stessi. L’aspetto di cura e riabilitativo descritto sopra avviene con una presenza quotidiana della figura dell’operatore per circa sei ore al giorno.
Scandire il tempo delle giornate tra solitudine e gestione della casa, tra tempo libero e occupazione lavorativa è una delle sfide più complesse. Il lavoro, in particolar modo, è un tema critico poiché la maggior parte degli ospiti non ha le capacità residue per sostenere un’occupazione lavorativa. Diventa quindi indispensabile individuare situazioni lavorative protette o attività laboratoriali per mantenere viva l’attenzione verso il fuori e per coltivare i personali interessi. Uno dei compiti fondamentali degli operatori sociali è proprio questo: valorizzare gli interessi che caratterizzavano la vita dell’individuo prima della malattia poiché, come afferma Malagutti (2005), anche la persona con il più grave deficit psicopatologico mantiene aree psichiche e mentali che sanno resistere all’impatto con la malattia; occorre capire dove poter far breccia nella malattia mentale e andare a stimolare la parte sana condividendo passioni comuni.
Su queste premesse un paio di anni fa la passione per la musica ha fatto incontrare Giacomo, ormai “musicista in soffitta” che non prendeva più in mano la chitarra da anni perché bloccato dalla sofferenza mentale, ed Emanuele, operatore presso la comunità Aurora di Pollenzo e musicista per passione in alcuni gruppi di musica folk-popolare della zona di Alba. Lentamente Giacomo ha ripreso a suonare un’oretta a settimana nei locali della comunità Emmaus. Per Giacomo, come per i suoi compagni di gruppo, lo sforzo compiuto nell’età infantile per il raggiungimento degli scopi primari (nutrimento, affetti e affermazione sociale) ha trovato ostacoli insuperabili nelle relazioni primarie e la sofferenza causata ha determinato la rottura con la realtà, la fuga dalla stessa e il rifugio nella incomprensibilità: la follia. Grazie alla musica però, Giacomo ha potuto nuovamente accedere ad un tempo di rinascita e di spinta vitale.
Vorremmo a questo punto citare uno dei miti greci, quello di Prometeo, perché contiene una parte secondo noi interessante. Prometeo era un titano (un essere di origine divina) che era molto amico del genere umano. Aveva però un grosso tormento: aveva già insegnato molte cose agli uomini, ma questi non conoscevano ancora il fuoco e per questo conducevano una vita molto difficile. Pensò quindi di dar loro questo prezioso dono: col fuoco gli uomini avrebbero potuto scaldarsi d’inverno e cuocere la carne; avrebbero inoltre potuto tenere lontani gli animali feroci, illuminare le caverne, fondere i metalli e darsi attrezzi per lavorare la terra. Tuttavia il fuoco apparteneva agli dei che ne erano assai gelosi ed era ben custodito sotto terra. Prometeo riuscì comunque ad impossessarsene; poi corse dagli uomini ed annunciò che portava loro un grande dono. E così, ben presto tutta la Terra brillò di fuochi attorno ai quali gli uomini cantavano felici!
Promuovere in Cooperativa laboratori e attività nel tempo libero significa appunto voler donare “il fuoco” agli ospiti di cui ci prendiamo cura, dargli la possibilità di sentire di nuovo la vita. Tra le molte attività proposte negli ultimi anni abbiamo spaziato dallo sport, alla musica, all’orto, al teatro, il disegno, le camminate in montagna e molto altro. Attività che regalano convivialità e condivisione rendendo la vita più arricchente e piena.
Emanuele e Giacomo hanno iniziato a darsi appuntamento fisso ogni settimana per suonare insieme e divertirsi e lentamente ad inizio 2017 è nata l’idea di allargare il gruppo e creare un laboratorio di musica per tutti gli ospiti interessati. Al laboratorio (che si è svolto tra febbraio e maggio, una volta a settimana) hanno preso parte sei ospiti. Ad ogni incontro, ciascun partecipante poteva proporre canzoni che poi si sarebbero eseguite insieme: per i due musicisti del gruppo (tastiera e chitarra) venivano cercati gli accordi dei brani; chi cantava poteva invece usare le basi musicali di un programma di karaoke. Ogni partecipante poteva quindi dare il proprio contributo nell’esecuzione del brano, chi cantando, chi suonando. Chiaramente, cercando di rispettare lo spazio di ognuno all’interno del gruppo (…) Riprendendo le parole che nel film “Il postino” il protagonista rivolge al poeta Pablo Neruda: “La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve!”, pensiamo che lo stesso discorso possa valere anche per la musica e per tutte le altre iniziative e laboratori che ogni giorno cerchiamo di proporre ai nostri ospiti.
“Abbiamo iniziato una nuova attività in Emmaus, si chiama ‘Gruppo Musica’. Lo stiamo portando avanti Io ed Emanuele. Devo dire che ne siamo entusiasti, come i ragazzi che vi partecipano. Dopo la pausa estiva, abbiamo di nuovo le energie e la voglia di portare avanti questo progetto anche se non sappiamo ancora quanti parteciperanno di nuovo, ma intanto iniziamo; speriamo siano in tanti! E’ molto bella questa attività perché ci dà modo di esprimerci e di sfogarci. Suono la chitarra da molti anni e mi fa piacere quando i ragazzi intonano una canzone, che sia di Vasco Rossi o di Ligabue o qualsiasi altra, tanto per cantare. Il nostro è un gruppo molto unito ed è bello che sia cosi (…) è una bella cosa fare musica insieme perché la Musica è bella, ed è una ottima terapia per tutti quanti, sia per chi suona e sia per chi canta; insomma è un modo per stare bene e per tirare fuori quello che si ha dentro. Con questo concludo ed auguro Buona Musica a tutti!” Giacomo
Giacomo in questi mesi si è riavvicinato alla musica, riappropriandosi della sua identità passata di musicista e compositore. Orgoglioso e soddisfatto delle proprie capacità, ha iniziato a sognare di potersi di nuovo esibire di fronte ad un pubblico come faceva da giovane quando andava a fare le serate nei locali. Un giorno è arrivata la proposta: a fine maggio in occasione di una serata sul Benessere Psicologico promossa dalla Commissione Cultura di Canale e dallo Studio Agorà, la coordinatrice del GA ha proposto a Giacomo di collaborare all’evento seminariale offrendo un accompagnamento musicale per la conduzione. Giacomo, duramente messo alla prova tra paura e ansia da prestazione, ha accettato la proposta e ha suonato tre brani, scegliendo i testi, la scaletta e l’interpretazione. Emanuele l’ha aiutato e sostenuto, rispettando i suoi tempi e le sue difficoltà.
Gli applausi del pubblico, una quindicina di persone sconosciute, hanno riempito i cuori, lenito le ferite di una storia che fa male e donato la spinta a ripartire guardando al futuro. Questa è la forza della comunità, la bellezza delle passioni, la cura della condivisione.
Michela Sperone ed Emanuele Bevione