Correva l’anno… non ricordo bene. Sicuramente il secolo scorso (fa effetto dirlo!) perché non ero arrivata ancora negli “anta”. La partenza: tre operatori e cinque o sei ospiti. Il Ducato rosso targato “MI” che, invece di etichettarci come comunità psichiatrica, ci collocava a metà strada tra la cooperativa ortofrutticola e l’impresa edilizia. La compagnia era costituita da una maggioranza femminile, tra cui una gentil donzella con gamba ingessata. Arrivati nel parcheggio poco dopo il colle della Maddalena ci dividemmo in “squadre”, rigorosamente uomini e donne… non sia mai! Noi ragazze puntavamo a un prato con relativo plaid, solarium, pic-nic e partita a carte, mentre i ragazzi, calzati gli scarponi, studiavano il sentiero che saliva tra i prati e spariva sulla sommità di un colle. Li avrebbe portati, dopo un bel po’ di fatica, in un posto con dei laghi stupendi.
Conservo ancora alcuni flash di quel giorno: il sole… il prato… le risate… la libertà di respirare a pieni polmoni in quel paesaggio meraviglioso. Ricordo il momento di panico nel finale di giornata quando, ricomposto l’equipaggio, con tutti ormai seduti sul pulmino, non riuscivamo più a trovare le chiavi del furgone. Dopo averle cercate dappertutto e mentre stavamo ormai per cedere allo sconforto le ritrovammo… dentro un paio di scarponi.
Eravamo giovani e forse ingenui. Pensavamo di lavorare “sulla parte sana” della persona mettendo in secondo piano il disagio e la malattia. Col tempo siamo cresciuti e ci siamo ricreduti, ma ogni tanto rimpiango quella leggerezza, quella spensieratezza e anche l’allegria che ti fanno accantonare per un attimo le diagnosi, l’intenzionalità operativa, la dimensione progettuale… e ti fanno dire: ok. Oggi passiamoci insieme una bella giornata!
Davvero abbiamo vissuto, abbiamo camminato insieme, ed è questo il concetto che, nel nome e nell’intenzionalità, ci contraddistingue. Quando poi, smessi i panni della “vecchietta nostalgica”, mi guardo intorno e scorgo in qualche collega giovane qualche sprazzo della me stessa di quei tempi, mi viene da sorridere. C’è speranza!
Sandra Tortore
Grande Sandra! La tua narrazione riprende una delle tue passioni, la montagna, e ci riporta indietro di qualche anno. Ci sono il furgone rosso, gli scarponi e l’intenzionalità educativa… mancano solo una fetta di salame e la tua fisarmonica… Divertente e leggero, brava.