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Live to leave: la cucina come terapia, un rimedio a solitudine e difficoltà economiche

Marzo 27, 2021|Cooperativa Progetto Emmaus|NEWS

Alla fine del mese di agosto 2020 ha avuto inizio il progetto Live to Leave. L’iniziativa è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore) nell’ambito del bando “Abitare il cambiamento” ed è stata sviluppata in partenariato con il Consorzio Socio Assistenziale di Alba e altre realtà di volontariato del territorio, che da anni si occupano di accoglienza delle persone in difficoltà e di housing sociale. L’obiettivo era quello di attivare azioni di rete sul territorio albese volte al sostegno dell’abitare sociale per nuclei fragili, donne sole o nuclei famigliari mono genitoriali, che già prima dell’emergenza sanitaria si trovavano in situazioni di difficoltà, condizioni divenute talvolta ancora più critiche a causa della pandemia.

Il progetto ha permesso di avviare iniziative di raccordo tra le diverse esperienze dedicate all’abitare sociale, attivando percorsi formativi, di accompagnamento socio-educativo e anche di sostegno al reddito (in collaborazione con il Gruppo Dimar). In particolare si è incentivata la riqualificazione delle persone inserite nei progetti abitativi, coinvolgendo le realtà produttive del territorio, sensibili alle tematiche di inclusione sociale.

Ha spiegato Marco Betoluzzo, direttore del Consorzio socio assistenziale Alba Langhe e Roero: “All’interno della progettualità Live to Leave sono stati attivati un corso di cucina e un corso di pulizie (in collaborazione con l’azienda Vitale Robaldo). Prendiamo come esempio il primo: pur non trattandosi di un percorso professionalizzante o che prevedeva il rilascio di una qualifica, assolveva a due funzioni importanti. La prima era la possibilità, per persone in grave difficoltà economica, di “fare esperienza” di condivisione con gli altri: il piccolo gruppo fa nascere rapporti di solidarietà, scambio e vicinanza. Le esperienze difficili trovano in questo ambiente una possibilità di alleggerimento e contenimento. La seconda funzione era racchiusa nello stimolo ad approfondire l’attività culinaria, che da un lato può essere considerata un’arte e dall’altro offre la possibilità di trovare lavoro: dal cuoco al lavapiatti, fino all’assistenza di un anziano o al prestare servizio in una mensa. Il corso di cucina voleva introdurre le persone a una nuova realtà, stimolante e formativa, in grado di mettere in contatto con ambienti diversi e in cui possono essere racchiuse delle opportunità”.

VOCI DAL CORSO DI CUCINA: IL RACCONTO DELL’OPERATRICE

“Nel corso di cucina ‘Dalla spesa al piatto, l’arte del riciclo’ proposto all’interno della progettualità Live to Leave il mio ruolo è stato quello di accompagnare il percorso ed osservatore gli andamenti, col fine di cogliere le dinamiche individuali rispetto ai compiti assegnati e lo sviluppo delle relazioni interpersonali all’interno del gruppo. La finalità all’interno del progetto era quella di aiutare i percorsi di emancipazione delle destinatarie rispetto alla loro situazione attuale, acquisendo competenze di base e trasversali. Il percorso affrontava i diversi aspetti nutrizionali di una cucina in economia attraverso la valorizzazione dei prodotti a km0, ed era rivolto alla sostenibilità degli equilibri famigliari nel lungo periodo. L’obiettivo pratico era realizzare ricette della tradizione culinaria locale, comprendendo le fasi della lavorazione degli ingredienti e i tempi di preparazione dei pasti in vista della consegna a “clienti finali”. Ad oggi sono stati realizzati 3 corsi con in media 4 partecipanti.

Per quanto riguarda il processo, fondamentale si è rivelato il rapporto instaurato con la chef Fernanda Giamello: la relazione ha permesso di muoverci in cucina in modo sinergico e tempestivo, intervenendo in momenti di criticità pratica o relazionale. Molto bello lo “scambio umano” avvenuto con i partecipanti, e anche l’osservazione di come “il fare insieme” possa trasformare le identità individuali in gruppo di lavoro. In questo momento di difficoltà sociale, un progetto di questo tipo aiuta a mettersi in gioco, a porsi in relazione e condividere con l’Altro, riflettere sulle proprie potenzialità ed eventuali debolezze da “migliorare”, racconta l’operatrice.

Sono emersi “spezzoni di vita” in cucina: l’ambiente informale e la condivisione di compiti hanno permesso alle persone di raccontarsi sia in riferimento alle loro esperienze in materia sia per quanto riguarda la vita quotidiana, le loro attitudini ed eventuali aneddoti del passato. Molto interessante “la passeggiata” fatta a turno con ciascuno dei partecipanti per consegnare i pasti all’esterno: non avendo obiettivi manifesti, questo tempo ha assunto una dimensione rilassante, un’occasione per parlare della vita in generale, delle aspettative sul mondo del lavoro, delle preoccupazioni legate magari alla famiglia, ai parenti lontani, all’attuale emergenza sanitaria.

Due immagini mi sono rimaste impresse. La prima è l’applauso che il gruppo si è concesso all’ultimo incontro: volti felici, sguardi  di intesa e la sensazione del “compiuto”, del “raggiunto”, dell’aver contribuito a qualcosa, dell’essere stati accolti così come si è. Un’altra immagine risale a un momento di pausa, con l’improvvisazione del ballo della salsa da parte di un volontario del corso di cucina: si respiravano la musica e la voglia di leggerezza, la nostalgia del paese di origine (il Sud America), delle  radici culturali e della voglia di condividere e di sentirsi “meno soli””.

Elena Ferrero

e Matteo Viberti

Marzo 31, 2021 Cooperativa Progetto Emmaus

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