Lo shiatsu si è diffuso in Giappone a partire dal sesto secolo, e ha come obiettivo quello di stimolare alcuni punti del corpo del ricevente in modo da innescare processi di auto guarigione. In altre parole, il corpo è capace di saggezza: è sufficiente stimolarlo per attivare le sue capacità curative più profonde. Nella relazione con gli ospiti delle nostre comunità, poco prima dell’esplosione della pandemia lo shiatsu aveva fatto capolino nella quotidianità: tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 gli ospiti di Casa Maria avevano potuto partecipare al percorso di otto incontri ideato e strutturato, sulla base dei loro bisogni, dalla professionista Carmen Chidichimo – che aveva già offerto il progetto in modo volontario a partire da fine 2018.
L’iniziativa è stata realizzata con il contributo della Fondazione CRT all’interno del progetto ‘Alza la testa’, ideato per attivare azioni volte a mantenere le diverse autonomie ed abilità acquisite negli anni, nei vari progetti di vita, dalle persone con disabilità, potenziando altresì le loro capacità espressive e di integrazione, soprattutto con attenzione alle disabilità gravi e gravissime. Di seguito, il racconto dell’equipe di Casa Maria Rosa.
Essendo un trattamento indicato per tutte le persone e non essendoci controindicazioni o limiti di età, tutti gli ospiti, dai più abili ai più gravi, hanno potuto partecipare. Erano incontri settimanali che si svolgevano su un tatami posizionato a terra e con un sottofondo musicale. L’obiettivo dell’operatrice consisteva nell’andare a stimolare, attraverso pressioni effettuate con le dita e i palmi delle mani, le risorse vitali degli ospiti – con lo scopo di allentare le tensioni muscolari, agevolare i movimenti articolari, migliorare la qualità del sonno, aiutare a ritrovare calma e tranquillità. Aiutare, quindi, a migliorare la qualità della vita in generale.
Quello che noi operatori abbiamo potuto osservare è che tutti gli ospiti hanno partecipato volentieri, alcuni anche con entusiasmo. Abbiamo visto alcuni di loro che normalmente non amano l’eccessiva vicinanza fisica lasciarsi andare al contatto. Altri ancora, spesso inquieti, rilassarsi. Alcuni addirittura arrivavano ad addormentarsi durante il trattamento. Sono emerse molte differenze individuali e un’eterogeneità di reazioni. Lo shiatsu è una relazione attraverso la quale non solo l’operatore entra in ascolto e in contatto con l’altro, ma la persona che lo riceve riesce finalmente a prendere contatto con sé stesso e ad ascoltarsi. È un vero e proprio percorso di consapevolezza e di incontro con sé stessi.
Oggi l’insegnamento dello shiatsu reclama il proprio spazio in un mondo in cui il distanziamento interpersonale rischia di impedire il contatto tra pelli, sensibilità ed emozioni. Proprio durante la pandemia queste considerazioni guadagnano valore, e il corpo smette di essere considerato come una semplice macchina, ma esige il diritto a essere considerato un organismo sapiente, luogo capace di custodire tracce di storia e possibilità terapeutiche.
L’equipe di Casa Maria Rosa