Sembra di vivere sospesi, ciondolo in casa quasi senza costrutto.
Il tempo non manca, altrettanto non manca la difficoltà di concentrarsi. Gli input dalla Rete continuano a martellare e ci si districa tra notizie e articoli che mettono a dura prova il senso critico. Le ore sono scandite dai telegiornali, a volte ascoltati in modo volutamente distratto, come quando si guarda un film horror con la mano a coprire gli occhi e le dita che piano piano si allargano.
Il turno incombente in gruppo appartamento è la più classica delle ‘blessing in disguise’: vorresti stare a casa ma si deve andare e il lavoro, con le sue necessità pratiche ed emotive, aiuta a focalizzarsi e a ‘staccare’, ironia della sorte…
Nel tragitto i pensieri si affastellano e uno in particolare si fa largo: mi manca abbracciare gli ospiti, dargli il cinque, il contatto e la vicinanza relazionale.
Ugualmente ci si prova, a distrarre, a rincuorare, a far passare il tempo, a portare positività quando tutto intorno sembra crollare. Si fanno esercizi di equilibrismo, cercando di essere più flessibili di quanto non lo si è mai stati ma al contempo rigidi, sforzandosi di far vedere il sorriso nonostante la mascherina.
Dobbiamo stare il più possibile distanti e si prova a vedere le cose da prospettive diverse: mai come in questo momento mi accorgo di come siamo uguali. Ospiti e operatori. Chi minimizza. Chi nega. Chi se ne vorrebbe fregare perché le priorità sono altre. Chi ha paura e non lo dà a vedere. Chi ha paura e lo dà a vedere… mai come ora distanti ma uniti da un filo invisibile contro l’invisibile tessitore di questa trama, tutti ugualmente responsabili.
Non facciamo niente, ora, fermi e distanti. Torneremo ad abbracciarci.
Fabio Carletto