Giovedì 27 giugno: è appena finita la partita dell’anno, credo, la miglior partita giocata dall’Italia dell’era Prandelli, a detta di molti commentatori, purtroppo però persa a quella che è definita la lotteria dei rigori. Per me operatore in vacanza con gli ospiti della comunità psichiatrica Emmaus e del gruppo appartamento Sipuòfare è stata, però, una serata importante al di là della partita e del suo risultato. Vado a letto soddisfatto perché sono riuscito a “vederla” al bar del campeggio con uno dei nostri ospiti che purtroppo ha molte difficoltà a relazionarsi con il mondo esterno. Naturalmente lui l’ha guardata a modo suo: spalle alla tv, orecchie tese a seguire la telecronaca e partecipazione emotiva molto alta, in quanto tutte le volte che l’Italia prendeva palla e il telecronista aumentava l’enfasi della telecronaca lui iniziava a tremare e agitarsi un po’. Vicino a lui c’ero io che cercavo di capire e tranquillizarlo, anche se era lui che mi diceva sempre: “tutto bene Max, non c’è problema… bella la partita, sempre zero a zero..”, intorno persone che un po’ guardavano con sospetto e bambini che ridevano alle spalle di questo signore così strano.
Naturalmente durante la partita, più di una volta, il cameriere è venuto a chiedermi se andava tutto bene, se magari non era meglio che facessi due passi con quello strano cliente, che forse lui lì non ci stava così bene. Io, oltre a stare il più vicino possibile al mio compagno di serata, ho semplicemente spiegato che andava tutto bene, che quello era il suo modo di seguire la partita e di partecipare all’evento sportivo.
Intanto la partita proseguiva sullo zero a zero, mentre osservavo i ragazzi in prima fila che ad ogni azione urlavano paroloni di ogni tipo e si agitavano sbattendo pugni sui tavoli e entrando uscendo dal bar nervosamente, un po’ come faceva il mio vicino, pensavo tra me, anzi loro erano più fastidiosi e sicuramente maleducati. Alla fine dei tempi regolamentari, mentre fuori dal bar ci stiamo fumando una meritata sigaretta per far scendere la tensione, ecco che in modo inatteso il mio compagno mi dice: “troppo emozionante, vado a dormire. Domani fammi sapere come è andata a finire”.
La partita è finita. Nonostante il risultato, vado a letto soddisfatto della serata, della compagnia; inconsapevole che in Italia spesso non conta il bel gioco, ma il risultato, che la differenza tra una vittoria e una sconfitta alle volte passa da una questione di centimetri. Fatto è che quando penso di aver “vinto”, se così si può dire, la mia partita ecco che al mattino la gestrice del bar mi chiama per parlarmi di alcuni problemi, dice lei.
Inizia con il dirmi che quel signore con cui ero ieri sera è un po’ strano, che sta spesso al bar, che molti altri clienti le hanno chiesto spiegazioni, il tutto introdotto dalla frase: “Guardi noi siamo aperti a tutto, accettiamo tutti, ma vede…”
Io non so che espressione faccio, sicuramente non bella, e quasi subito la interrompo e le faccio notare che quel signore dovrebbe essere un cliente come tutti gli altri, le chiedo se ha creato problemi, se non ha pagato delle consumazioni, se si è in qualche modo comportato male con gli altri clienti. Naturalmente le risposte sono state tutte negative, però c’è il problema dei bambini che di fronte a certe “scene” si impressionano, mentre noi (io) siamo abituati a certi comportamenti ma gli altri no.
I pensieri che mi riempiono la testa sono tanti, alcuni anche un po’ pesanti, cerco però di stare calmo, di non farmi travolgere dalle forti emozioni che stanno prendendo a pugni il mio stomaco e concentrato su quel rigore che non posso sbagliare, chiudo la conversazione rassicurandola sulla non pericolosità della persona e della disponibilità ad intervenire se ci fossero stati problemi.
Andando via dal bar mi sono chiesto se forse non avrei dovuto rispondere in modo più duro, se forse non avrei dovuto chiederle se aveva anche chiamato i genitori di quei ragazzi che la sera prima sbattevano pugni sui tavoli, dicevano parolacce e bestemmie a ogni passaggio o tiro sbagliato; se aveva parlato con quel ragazzo (o con i suoi genitori) che ad un tiro sbagliato della Spagna di scatto si era alzato in piedi e si era messo ad urlare improperi e fare gesti volgari rivolti alla tv e ai giocatori avversari come se questi potessero sentirlo. Forse a questi gesti e queste parole siamo più abituati che non a vedere una persona che per la sua fragilità emotiva invece di urlare trema, che riesce solo a sentirla una partita e non a vederla.
Finito il tutto la sensazione è stata quella di una partita giocata al meglio, ma che forse abbiamo perso all’ultimo rigore. Per questo e per mille altri motivi sono importanti i soggiorni, le uscite, le gite, nonostante la fatica, la stanchezza e alle volte la poca voglia di metterci la faccia o di farsi delle figuracce; però sono partite che dobbiamo continuare a giocare a viso aperto sapendo che è solo accettando la sfida possiamo provare a cambiare le cose, che solo giocandocela possiamo pensare di vincere.
Max Vullo
Se si è fortunati, finisce in pareggio… Ad es, nella serata di stasera, un bell’incontro di uno dei nostri ospiti con un collega, ad una festa di paese, che lo ha salutato calorosamente e poco dopo, una signora abbastanza giovane che indicava lo stesso ospite alla figlia, segnandolo a dito in modo poco raffinato perchè ballava a modo suo… Peraltro nel contesto ci stava… Non è che era una gara di ballo!!
Ognuno giudica la realtà in base a quel che ha dentro… vede quel che vuole vedere… e quel che può!!
Io credo che il gestore del bar dovrebbe leggere queste righe e il prossimo anno sedersi con noi per un caffè insieme.offro io.