Siamo tutti abituati a comunicare, si tratta di un bisogno, di una priorità per ogni persona; la comunicazione è un fondamentale diritto umano. Attraverso la comunicazione ci si apre alla relazione con l’altro e si crea la nostra identità personale. La quotidianità “normale” ci mostra una comunicazione che si avvale di parole, scrittura e linguaggio del corpo ma, in molti casi di disabilità cognitiva, sensoriale o motoria, chi ne è affetto non può affidare la sua comunicazione al corpo, all’espressione del viso, alla sua voce o alla scrittura.
Le persone afflitte da grave disabilità comunicativa vivono, anzi, una delle condizioni più difficili da sostenere: quella del silenzio forzato. Queste persone sono spesso costrette a vivere ai margini della società con il peso non solo del farsi comprendere, ma anche del riuscire ad attirare l’attenzione su di sé ed essere riconosciute nei loro tentativi di comunicazione. “Spesso vengono considerate incapaci di comprendere e di provare emozioni, vengono interpretate e anticipate nelle risposte. Chi parla domina lo spazio della conversazione e se fa domande per lo più non si aspetta una risposta.”
La Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.) rappresenta un’area della pratica clinica che cerca di compensare la disabilità temporanea o permanente di persone con bisogni comunicativi complessi. Il termine C.A.A. viene usato per descrivere tutte le modalità di comunicazione che possono facilitare e migliorare la comunicazione di tali persone. Si definisce aumentativa perché, anziché sostituire, va ad incrementare le possibilità comunicative naturali della persona. Si definisce alternativa perché utilizza modalità di comunicazione alternative e diverse da quelle tradizionali. Si tratta di un approccio che tende a creare opportunità di reale comunicazione attraverso tecniche, strategie e tecnologie al fine di coinvolgere la persona che utilizza la C.A.A. e tutto il suo ambiente di vita.
“Non si tratta semplicemente di applicare una tecnica riabilitativa, ma di costruire un sistema flessibile su misura per ogni persona, da promuovere in tutti i momenti e luoghi della vita poiché la comunicazione è per ognuno di noi necessaria ed indispensabile in ogni momento, e non solo nella stanza di terapia. La CAA è un sistema multimodale che interviene nei contesti di vita.”
Nell’ambiente educativo è ricorrente il tema della C.A.A.: corsi, seminari, convegni e addirittura master universitari danno la possibilità di formarsi a dovere su questo argomento. Specialmente negli ultimi anni, le figure professionali e le realtà che quotidianamente hanno a che fare con la disabilità (e i problemi comunicativi a essa riconducibili) sono stati “toccati” dalle varie sfumature che la C.A.A. può avere.
Ciò che rende la C.A.A. funzionale e “potente” è la sua versatilità. Il mio lavoro, dedicato per lo più alla fascia di età 0-18, mi ha portato a notare come con ogni bambino si riesca a sperimentare questa tecnica, a seconda dei propri bisogni comunicativi, a casa, a scuola e in ogni ambiente di vita del piccolo. Quel che serve è infatti strutturare un ambiente di vita “facilitante” che garantisca controllo e prevedibilità: alle famiglie e alle insegnanti si chiede di strutturare il tempo attraverso routines regolate da agende visive, porre i giochi in scatole etichettate che permettano al bambino di indicare o chiedere l’oggetto desiderato, utilizzare tabelle comunicative in entrata e in uscita per una comunicazione più efficace.
Nel corso del 2015 abbiamo potuto sperimentare e divulgare l’utilizzo della C.A.A. in due laboratori distinti: la rassegna annuale “Buoni frutti” organizzata da Kairon ad Alba e il “Salone del libro per ragazzi” proposto dal Comune di Bra.
Il titolo di uno dei due laboratori è stato “Un mare di suoni…e parole” e l’attività principale prevedeva di riassumere, semplificare e facilitare la lettura di un libro attraverso le immagini e simboli PCS. A seguito di una introduzione degli educatori i bambini e le loro insegnanti si sono messi all’opera portando a termine il lavoro attraverso piccoli gruppi, cooperando e aiutandosi per dar senso all’insieme dei simboli. Alla fine del lavoro i bambini hanno riletto il libro solo attraverso i simboli e con grande stupore hanno capito quanto possa essere semplice, con i dovuti accorgimenti, condividere il momento della lettura con il loro compagno di classe Matteo, definito da tutti un bambino “molto speciale” .
Oltre al libro, per avvicinarsi maggiormente a Matteo, abbiamo fatto creare ai bambini un “passaporto” personale e un cartellone per rendere più chiaro il programma settimanale scolastico.
Il passaporto è un piccolo libretto di cartoncino nel quale ogni bambino ha potuto inserire alcuni simboli che lo riguardassero (cibo preferito, quale mestiere vorrò fare da grande, animale preferito, colore preferito, ecc) con l’obiettivo di poterlo usare per comunicare meglio con Matteo.
Attraverso i simboli delle materie, dell’intervallo, della mensa e i cartoncini con i giorni e le ore è stato invece possibile realizzare il cartellone con l’orario scolastico settimanale. Tutto è stato plastificato e attaccato con il velcro rendendo il cartellone modificabile per poterlo sfruttare anche negli anni seguenti. Questo lavoro è stato utile non solo per Matteo ma per l’intera classe, maestre comprese.
Il messaggio che abbiamo voluto condividere al termine del laboratorio è che una messa in campo tempestiva di interventi di CAA può avere una grande importanza sia per prevenire un ulteriore impoverimento comunicativo, simbolico e cognitivo sia per limitare o evitare la comparsa di disturbi del comportamento (frequenti in persone con difficoltà comunicative) rendendo questa esperienza importante e di arricchimento sia per noi educatori che per le classi coinvolte.
Grazie agli interventi e agli strumenti della Comunicazione Aumentativa Alternativa molte persone disabili sono riuscite ad ottenere un’“indipendenza” comunicativa o hanno comunque l’opportunità di esprimersi attraverso un codice efficace che garantisca loro vere opportunità di vita, educative e sociali.
Creek, un giovane affetto da paralisi cerebrale dice che “comunicare è vivere, vivere è comunicare” e che se avessimo qualche dubbio, potremmo provare questo esperimento:
“Se volete sapere come ci si sente quando si è impossibilitati a comunicare, andate a una riunione e fingete di non poter parlare. Usate le mani ma non carta e matita, perché queste generalmente non possono venir usate da persone con gravi disabilità fisiche, impossibilitate a esprimersi verbalmente. Sarete circondati da persone che parlano: che parlano davanti a voi, dietro di voi, intorno a voi, sotto di voi, attraverso voi e anche per voi, ma mai con voi. Voi verrete ignorati finché vi sentirete come un elemento dell’arredamento”.
Alessio Vitiello