In questo periodo di chiusura e isolamento, credo importante dedicarci a pensieri che ci coinvolgano innanzitutto come esseri umani …
Questa riflessione nasce durante la visione dello spettacolo teatrale “ Don Chisciotte” presentato al Teatro Sociale di Alba a metà febbraio. Mi porto dietro questi pensieri nelle giornate di lavoro speranzosa di dar loro una forma e un senso … Nei panni di educatrice professionale, con pensieri e azioni che connotano un operatore sociale, mi trovo a riflettere sulla concretezza delle realtà che ogni giorno vedo e vivo, su come, quotidianamente, queste realtà sottostiano a sguardi diversi: un intreccio di visioni, sogni, speranze, illusioni e forse concrete realtà ….
A distanza di parecchio tempo, questi pensieri prendono forma.
Giganti nel teatro della mente
Famoso Miguel de Cervantes, famoso il Don Chisciotte della Mancia, famosi i suoi mulini a vento e poi… poco altro direi.
Siedo tra le fila di un teatro, pronta a lasciarmi coinvolgere da un’avventurosa storia che parlerà di mulini, cavalieri e cos’altro? … pensavo.
Si spengono le luci, la scena ha inizio, la trama mi coinvolge e scopro che non si parla soltanto di mulini, cavalli ecc ecc… i pensieri si affollano su temi ben più coinvolgenti e intricati: chi siamo? Come ci vediamo? Come ci vedono gli altri? Come percepiamo la realtà intorno a noi? Siamo davvero pronti ad illuderci o è la realtà stessa un’illusione? A volte, ci è davvero richiesto di rinsanire e vedere quello che tutti vedono o forse basterebbe vedere il mondo a testa in giù?
… bè, direi che di banale qua non c’è proprio niente, è tutto molto serio e anche quando mi viene da sorridere per le avventure del cavaliere che ho di fronte subito mi viene in mente l’ironia amara pirandelliana e i pensieri ricominciano a rincorrersi senza tregua.
<< Guarda lì, amico Sancio Panza, ci si mostrano trenta e più smisurati giganti, con i quali ho intenzione di azzuffarmi … >>
<<Che giganti? … Badi signoria vostra che quelli che si vedon là non son giganti ma mulini a vento e ciò che in essi paion le braccia sono le pale che girate dal vento fanno andare la pietra del mulino…>>
Si vede bene che non ti intendi di avventure, disse Don Chisciotte. Caduto e vinto dai giganti, il cavaliere cercò di spiegarsi l’accaduto: << un mago deve aver convertito questi giganti in mulini per togliermi la gloria di vincerli>>.
Il coinvolgimento nei romanzi cavallereschi che Don Chisciotte divora con la lettura è tale da rendere tutta la realtà intorno a lui fittizia, il quotidiano viene piegato per aderire pedestremente al proprio mondo ideale. Sogno, mondo ideale, compensazione fantastica ad una realtà grigia che non piace, non accoglie e non da opportunità se non quella di cercare nel mondo ciò che Don Chisciotte trova nei libri. Tutti intorno a lui si pongono come testimoni di una follia inspiegabile, tutti pronti a negare e demonizzare quella realtà fatta di immaginazione letteraria. Quest’ultima, però, consente di sentirsi cavalieri usciti dalle penne dei più grandi letterati quattrocenteschi, consente di sentirsi forti, invincibili anche con un’armatura vetusta, un ossuto ronzino e una lancia di seconda mano; consente, inoltre, di rifiutare le sconfitte motivandole con convincenti opere di maghi malvagi. Entrambi i protagonisti credono in un’illusione che li porta ad agire in modi diversi. L’uno, colto e folle idealista, si presenta invincibile e spavaldo, pronto a scontrarsi ignaro di ricevere derisione e bastonate; l’altro, concreto e realista, pronto ad affidarsi nelle mani dell’altro per un avvenire migliore, è costantemente dedito a far ragionare e mostrare la realtà per come si presenta, senza mai riuscirci. L’uno illuso ma, ogni volta, bruscamente placcato dalla realtà; l’altro conscio ma pronto ad illudersi pur di rifuggire la realtà.
Mi interrogo, quindi, sulla diffidenza verso ciò che per l’uomo è impossibile, sul sogno, sulla paura di osare, sulla paura di perdere e riscoprirsi fragili ogni giorno, mi interrogo sulla paura di non avere sostegno alcuno, anzi di essere disconfermati dalla realtà e dai più cari amici, mi interrogo quindi sul senso della vita. Senso della vita inteso come realizzazione di sé, autodeterminazione, malinconica accettazione della realtà e titanico scontro con essa, una sospensione tra comicità e tragedia alimentata continuamente dagli accaduti di ogni giorno. Ogni giorno, dove ci collochiamo? Su un ossuto ronzino vestiti da cavalieri erranti o come Sancio Panza su un umile asino pronti ad entusiasmarci di fronte a fantasiose ed ingannevoli promesse? Oppure con i piedi ben ancorati a terra, pronti a demonizzare fantasiosi viaggi e oniriche evasioni?
Si riaccendono le luci, tutti si alzano: alcuni con il sorriso stampato sul volto per quelle bizzarre avventure, alcuni con un ciglio inarcato e un sorriso abbozzato, alcuni ancora con la fronte corrucciata e un pensiero sospeso… tutti pronti a tornare alla propria quotidianità.
Michela Ponchione