Tanti anni fa lavorai a Casa Maria Rosa e successivamente al Gruppo Ariete. Sintetizzare è difficile, parlerò dunque di occhi e abbracci. Degli sguardi dei “ragazzi” coi loro precisi e sfumati sentimenti. Il loro bisogno di essere visti, farsi vedere e accettare. Quegli occhi che spesso ti seguivano in attesa di un’occhiata di ritorno, di un sorriso.
Una notte per errore somministrai una terapia non corretta a un ospite. Ricordo bene la mia ansia, il senso di colpa e l’“incazzatura” con me stessa. Fui rassicurata dal medico: bisognava “solo” stare attenti, nel caso, a un eventuale calo di pressione quando il ragazzo si fosse alzato dal letto. Naturalmente la mia attenzione fu massima, con frequentissimi accessi nella stanza dell’ospite… Tutto andò bene, nessun problema e al mattino, per maggior sicurezza, lo accompagnai in farmacia per prendere la pressione.
Usciti, mi stampò un bacio sulla guancia stringendomi forte il braccio. Sono sicura, aveva capito la mia preoccupazione per lui. E mi stava ringraziando.
Daniela Cortellazzo