Sono molte le storie di Progetto Emmaus con cui negli anni sono entrato in contatto. Gestendo un ristorante proprio vicino alla comunità cerco di prendermi cura di piccoli frammenti del quotidiano: tenere pulite le aree esterne e lo spazio comune, preparare un piatto o due da condividere durante le feste natalizie senza che nessuno me lo chieda, tentare di stabilire contatti umani e sinceri. Nutro grande stima e solidarietà per il lavoro che svolge la Cooperativa. Potrei e vorrei fare di più, ma l’attività di ristorazione m’impegna molto.
Nel tempo il rapporto di vicinato ha anche causato piccoli problemi – ad esempio qualcuno si arrabbiava perché gli ospiti gettavano le sigarette in cortile -, ma maturammo una consuetudine nel dirci le cose, nel comunicare e affrontare i nodi critici. Un altro aneddoto che ricordo con emozione ha per protagonista un ragazzo che veniva da Torino, era ospite della cooperativa e vedendomi negli spazi esterni per qualche ragione si scagliò contro di me, non so se volesse farmi del male, ma io riuscii a evitarlo. Il giorno dopo venne a chiedermi scusa. Mi colpì questa premura. Con Emmaus abbiamo nel tempo costruito una sorta di educazione al rispetto reciproco. Questa è la cosa più bella. Toccano nel profondo, questi ragazzi. Proprio nel profondo.
Bruno Cingolani