Nuovi orizzonti
Il contesto sociale odierno produce alienazione e solitudine, concentrato sugli aspetti economici e competitivi e sovente incurante delle soggettività. In questa congiuntura le identità di persone e famiglie subiscono strappi profondi dal punto di vista emotivo e relazionale. Servono nuovi modelli di presa in carico e prevenzione: è qui che nasce il progetto “La valigia di Arlo”, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando Salute Effetto Comune – un programma che pone al centro dell’attenzione le tematiche della salute mentale delle comunità, con l’obiettivo di sostenere le reti territoriali di progettazione e rafforzando il ruolo delle associazioni. Il tentativo del bando è contribuire al miglioramento della qualità della vita delle persone con esperienza di sofferenza mentale e dei loro familiari e caregiver, oltre al contrasto allo stigma che sovente si viene a produrre a livello sociale. Arlo, mettendo in campo molteplici strumenti (dal teatro allo sport, dall’abitare indipendente alle attività agricole, dall’arte al sostegno alle famiglie e tanto altro), si propone dunque di cucire diversi strappi: quello della frammentazione del sistema sanitario pubblico e privato nel fornire risposte di cura, quello emotivo che vivono i giovani ragazzi durante un tempo cosparso di anomia, quello delle famiglie che sperimentano solitudine e senso di impotenza.
75 comuni e una rete integrata
“La valigia di Arlo” è stato avviato ufficialmente il 4 maggio, si struttura in diverse azioni ed è dedicato ai ragazzi di età compresa tra i 16 e i 24 anni con esperienza di disturbo mentale in ambito psichiatrico, alle famiglie e alla comunità circostante. Le azioni si svolgono sul territorio di Alba e Bra (75 comuni) e dureranno due anni. Il tentativo è quello di creare una forza coesiva che superi la frammentazione dei sistemi sanitari pubblici e privati, un unico dispositivo in grado di aggregare le energie presenti sul territorio. La rete di partner è infatti costituita da una molteplicità di attori: l’ente capofila è la cooperativa sociale Progetto Emmaus, a cui si affiancano l’Asl Cn2 Alba Bra (nelle strutture del Dipartimento di Salute Mentale, la Neuropsichiatria Infantile e il SerD), l’associazione di Promozione Sociale Pons, l’associazione Di.A.Psi Alba Bra OdV, la cooperativa sociale Alice, il Consorzio socio assistenziale di Alba e il Servizio Sociale Intercomunale Ambito di Bra, i comuni di Alba e Bra e la cooperativa agricola Release. Tra le realtà attivabili come risorse durante il percorso figurano la Fondazione San Lorenzo e Teobaldo, la Pastorale della Salute, la Fondazione Emmaus per il Territorio Onlus, l’Associazione di Solidarietà Giovanile di Don Cravero, l’associazione Apneia, Apro Formazione, FED.Man.
Oltre 100 beneficiari: teatro, sport, abitare indipendente e molto altro
I beneficiari di Arlo saranno circa 100, a cui si aggiungono i famigliari dei ragazzi coinvolti. Non si tratta di un viaggio precostituito, ma con ognuno dei destinatari si tenterà di costruire un percorso su misura e quindi tarato sui bisogni individuali. Dalla “valigia” (una sorta di cassetta degli attrezzi pratica e teorica) verranno scelti strumenti variegati e adatti al momento di vita attraversato, considerando la soggettività della persona: sono previste attività di sostegno alle famiglie, attività espressive e artistiche (come la musicoterapia, l’arteterapia e la danzamovimentoterapia o il teatro), attività di artigianato e attività di socializzazione, sportive e agricole; poi sostegno emotivo-relazionale, formazioni peer-to-peer, progetti di vita indipendente e accompagnamento all’abitare. Il processo verrà realizzato prendendo in carico l’interezza della persona e dei suoi ambienti di vita, e soprattutto rendendola protagonista della decisionalità. La “cura” non viene calata dall’alto o imposta da un professionista ma co-costruita in una relazione. E’ questo un viraggio importante nel mondo della salute mentale: l’obiettivo non è più l’eliminazione della malattia o il raggiungimento di una guarigione intesa come “assenza di sofferenza”, ma un processo di crescita più ampio e integrato, un viaggio, un processo complesso e non lineare di cambiamento, un’esperienza di crescita oltre la malattia. E’ il concetto di “recovery”, pilastro teorico sempre più centrale nel mondo della psichiatria.
Numeri in aumento
L’urgenza di lavorare sulla dimensione della salute mentale è sempre più evidente, soprattutto nelle fasce giovanili. Sul territorio di riferimento le necessità di intervento sono andate aumentando: i pazienti in carico al Dsm (Dipartimento di Salute Mentale) tra i 18 e i 24 anni sono attualmente 223 e rappresentano il 10,15% del totale delle persone seguite. Per quanto riguarda il Ser.D. si è registrato negli anni un costante aumento dei pazienti, da 734 casi nel 2012 a 974 nel 2019, con un deciso incremento negli ultimi tre anni. Per quanto riguarda la Neuropsichiatria infantile (Npi), nel 2019 i pazienti in carico sono stati 2.294, pari al 12.6% della popolazione residente 0-18 anni. I ricoveri nella fascia di età inferiore ai 18 anni risultano in incremento in tutti i reparti di pediatria d’Italia.
Pandemia e crescita identitaria
Spiega lo psichiatra Piero Prandi, consulente del progetto: “Negli ultimi anni si è evidenziato un rilevante incremento della richiesta di interventi per disturbi neuropsichiatrici dell’età evolutiva e un rapido cambiamento nella tipologia di utenti e famiglie e dei relativi bisogni. Ad esempio sono aumentati i comportamenti dirompenti, spesso resi esplosivi dal contemporaneo incremento dell’abuso di sostanze, che assume un ruolo significativo nella slatentizzazione del disturbo psichiatrico. A questo si aggiunga un fattore contestuale: un anno e mezzo di isolamento a causa della pandemia può aver bloccato la crescita relazionale e quindi identitaria col gruppo dei pari – e così pure lo svincolo dalla famiglia. Il mondo social spesso si è mostrato l’unica occasione di comunicazione e di condivisione, venendo a mancare la presenza reale dell’altro, e ciò ha indotto un aumento della dipendenza da internet. Il dato eclatante è l’aumento del 30% dei ricoveri in psichiatria per atti di autolesionismo e di tentativo di suicidio, la crescita dei disturbi alimentari sia in area anoressica che bulimica oltre che l’aumento dei disturbi ansioso – depressivi e del sonno e del disturbo post-traumatico da stress”.
Superare lo stigma e co-progettare
Prosegue Prandi: “E’ chiaro che i giovani con disagio psichico dovrebbero poter usufruire di interventi precoci tramite trattamenti clinici e psicosociali destinati ad evitare la cronicizzazione del disturbo e la sua istituzionalizzazione. Le persone con disturbo mentale nell’ambito del processo di recovery migliorano la compliance, imparano a gestire il disagio, migliorano le relazioni familiari, lavorano e migliorano il funzionamento sociale, possono anche essere in grado di aumentare l’autostima, il funzionamento, l’autodeterminazione e la capacità di scelta e di migliorare nel complesso la qualità di vita. Il progetto “La valigia di Arlo” è più che mai attuale in quanto si propone di promuovere la salute mentale nella comunità superando lo stigma, il pregiudizio e la paura del disturbo mentale a fronte del grande divario fra bisogno e offerte di cure che si registra in tutti i sistemi sanitari”. La valigia di Arlo diventa così cantiere sperimentale di reti innovative di co-progettazione, nel tentativo di aprire nuovi modelli – complessi e integrati – di presa in carico della persona, del suo contesto e della comunità circostante.
A ottobre Arlo al convegno della Sip
Il progetto “La Valigia di Arlo” verrà presentato durante il convegno regionale organizzato dalla Società Italiana di Psichiatria: appuntamento al 15 ottobre nello storico Teatro Comunale di Casale Monferrato. Il titolo dell’evento sarà “Nuove priorità in salute mentale tra resilienza e riabilitazione”.
Per informazioni è possibile scrivere all’indirizzo arlo@progettoemmaus.it
Comunicato stampa