A inizio marzo Papa Francesco ha lanciato via social un appello formato da poche parole: “La guerra è una pazzia. Fermatevi, per favore”. La guerra in Ucraina sta provocando centinaia di vittime civili e militari, milioni di profughi, insanabili ferite nei corpi e nei cuori. Come cooperativa ci uniamo agli appelli e alle iniziative di protesta contro il conflitto, recuperando le recenti parole della Rete Italiana Pace e Disarmo e delle sue organizzazioni: “Ancora una volta si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi per colpa di sete di potere, di rivendicazioni nazionaliste, di interessi particolari soprattutto legati al profitto armato”, dicono gli attivisti.
La Rete chiede alle istituzioni internazionali una serie di immediate azioni per terminare il conflitto. In particolare, chiede all’Italia e all’Unione Europea di prodigarsi per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralità attiva ed evitando qualsiasi “pensiero di avventure militari insensate”. Chiede poi alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass, e di attivarsi per garantire un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative per l’assistenza umanitaria alla popolazione coinvolta dal conflitto. Infine la Rete chiede il riconoscimento da parte dell’Ucraina dell’autonomia del Donbass prevista dagli accordi di Minsk, ma mai attuata, il rispetto della popolazione russofona, la cessazione dei bombardamenti in Donbass, lo scioglimento delle milizie di matrice nazista.
Eppure, il conflitto raccontato dai media sembra rappresentare soltanto una parte di ciò che accade nell’est dell’Europa. Esiste un sottomondo meno raccontato e fuori dal palcoscenico principale, una corrente sotterranea di umana resistenza. Racconta l’educatore e pedagogista di Progetto Emmaus, Domenico Massano, in un intervento su Peacelink.it: “L’enfasi data alla risposta militare e armata all’invasione russa in Ucraina sembra stia facendo passare sotto silenzio l’esistenza di una resistenza civile nonviolenta e disarmata, di altri modi di lottare contro la violenza della guerra che sono non solo importanti, ma anche da sostenere per l’interruzione del conflitto e per la costruzione di percorsi di pace duraturi”.
Ad esempio i tanti casi di coraggiosi civili ucraini che hanno cambiato i cartelli stradali per creare ostacoli al transito dei veicoli militari russi, addirittura bloccando le strade e bloccando fisicamente i carri armati, semplicemente interponendosi disarmati sulla loro strada, per fermare la guerra. Prosegue Massano: “A queste voci dall’Ucraina e ai tanti civili che portano avanti coraggiosamente, spesso solo con i loro corpi e a mani nude, una resistenza non armata, si affiancano quelle di migliaia di cittadini e cittadine russi contrari all’invasione dell’Ucraina che continuano a manifestare, con gravi rischi per la loro incolumità, contro la guerra. Basti pensare che, anche a causa del recente inasprimento delle normative tese ad imbavagliare ogni tipo di protesta, in Russia dall’inizio del conflitto almeno 13.000 persone partecipanti ad azioni contro la guerra sono già state arrestate e detenute in oltre 100 città”. E conclude: “Se si vogliono costruire realmente delle alternative alla guerra e porre i presupposti per una pace duratura, oltre a proseguire con le importantissime azioni solidali per organizzare l’accoglienza e gli aiuti umanitari, bisogna iniziare a disarmare le menti, a decostruire una pervasiva cultura di violenza che accompagna tutte le guerre e iniziare “a pensare così forte alla pace da poterla realizzare” come scriveva Virginia Woolf sotto i bombardamenti tedeschi di Londra, nella seconda guerra mondiale”.
Progetto Emmaus