Incontrarsi per creare un sentimento comune, di appartenenza ma anche di riflessione critica, possibilità di pensiero trasversale e creativo. Accogliere i nuovi per stabilire una connessione dolce, creare un contenitore in cui la persona può esprimersi, chiedere, portare dubbi ed eventuali difficoltà. Nelle scorse settimane in questa cornice si è svolto il periodico corso “Giovani di cooperativa”, che ha coinvolto 11 nuovi colleghi, nelle giornate di sabato 18 maggio e 8 giugno.
Ha spiegato Elena Boccon, referente del corso: “Ricostruendo insieme una mappa dei servizi di cooperativa e delle aree di appartenenza ci siamo accorti della loro quantità e ricchezza, oltre alla grandezza del territorio in cui si inseriscono – questo in particolare a seguito della fusione con cooperativa Laboratorio. La cooperativa oggi conta infatti 5 aree di lavoro che, grazie al coinvolgimento
di oltre 250 persone, gestiscono differenti servizi e strutture residenziali sui territori dell’Asl CN1 e 2, tra cui una residenza sanitaria psichiatrica di livello 2.2, tre comunità per persone con disabilità, oltre 10
gruppi appartamento accanto a diversi servizi territoriali in collaborazione con i servizi sociali e alla gestione di una scuola dell’infanzia nonché di servizi scolastici ed extra-scolastici; all’interno dell’Area B di cooperativa per la produzione e lavoro rivolta all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, sono inoltre nati molti servizi diversificati nell’ambito della ristorazione, del turismo, della cultura e dell’housing sociale, nonché del vino.
I “giovani” di cooperativa, proprio perché in fase di conoscenza e osservazione, hanno detto di essere interessati ad avvicinarsi maggiormente, con curiosità ed entusiasmo, a Progetto Emmaus, e col tempo qualcuno si immagina di raggiungere le sue radici. E’ un dato interessante che fa riferimento alla condivisione dei valori nei quali la cooperativa continua a credere”. Prosegue Elena: “Ci si è soffermati inoltre a riflettere sulle sofferenze che oggi affrontano le persone con fragilità, ed è stato condiviso che difficoltà quali solitudine, disorientamento, individualismo, etichettamento, esclusione, rabbia, paura e tanto altro possono essere, anzi devono essere, affrontate mettendo sempre le persone al centro e cercando di lavorare in ottica gruppale (attraverso strumenti quali riunioni di equipe, supervisioni, riunioni con la rete dei curanti e con la committenza) così da sostenere maggiormente le persone, ciascuno con le proprie specificità e risorse personali e professionali”.
Durante il corso è stato condiviso un pasto in cui ognuno ha cucinato qualcosa per gli altri. C’era il cous cous marocchino, la pasta e la pizza, le ricette di una nonna oppure i dolci acquistati all’ultimo minuto. Non c’era un dono che valeva più di un altro, valeva il principio secondo cui “ognuno fa quel che può”. Sono stati creati post it, disegnate sagome, allestiti lavori di gruppo e confronti sulle principali problematiche sociali del mondo odierno, che generano sofferenza e disuguaglianza, mettendo in difficoltà le famiglie e gli individui. Le riflessioni condivise gravitavano attorno al modello di lavoro della cooperativa: l’operatore unico, la centralità della persona, la valorizzazione delle risorse e il lavoro sulle autonomie. Dice un partecipante al corso: “Mi sono sentito bene perché abbiamo potuto parlare di noi, condividendo con i neocolleghi pezzetti della nostra vita, ma soprattutto abbiamo parlato delle persone (ospiti, beneficiari dei progetti o dei servizi) con cui andremo a lavorare. Ho conosciuto meglio la cooperativa – altrimenti il rischio è quello di gravitare attorno al proprio servizio di appartenenza, senza avere un’immagine complessiva delle varie aree, persone e ruoli. Mi sono immedesimato negli ospiti, ho provato a esprimere alcune mie perplessità e obiezioni senza paura di essere giudicato. I momenti di questo tipo ti fanno sentire meno solo”.
Progetto Emmaus