Sono in pensione da diversi anni, ormai con pochi impegni nell’ambito del volontariato. Tuttavia mi fa piacere ricordare alcuni episodi che mi sono stati particolarmente impressi.
- Anni fa, nell’ambito dei corsi per Oss a Bra, di cui curavo l’organizzazione, avevamo svolto un seminario di cui non ricordo il titolo, ma credo servisse a spiegare ai futuri operatori le varie tipologie di contratto di lavoro e i diversi enti in cui avrebbero potuto andare a lavorare. A rappresentare il mondo delle cooperative avevamo invitato “Progetto Emmaus” ed era intervenuto Davide Crudi. Era riuscito a trasmettere in modo vivo, semplice e concreto il senso di appartenenza alla sua cooperativa, il non sentirsi “dipendente” ma protagonista insieme a tanti del lavoro, dell’impresa “cooperativa”, del suo bilancio. Aveva detto che come socio poteva mettere in conto anche di guadagnare 100 euro in meno rispetto allo stesso lavoro in un ente pubblico, ma che aveva il vantaggio, ad esempio, di entrare alle 9 del mattino, in modo da riuscire ad accompagnare suo figlio a scuola sapendo che nessuno lo avrebbe rimproverato; si sentiva responsabile del proprio operato e nello stesso tempo sereno di poter conciliare le esigenze personali con quelle lavorative. Perché questo era lo spirito della cooperativa! Se penso che un discorso simile avveniva nei primi anni 2000, quasi 20 anni fa, mi viene da considerare come la conciliazione “famiglia/lavoro” fosse già un valore assodato, una “cultura” per Progetto Emmaus.
- Venni invitata, quando ero già in pensione (quindi tra il 2008 e il 2010), a partecipare a un incontro dei coordinatori delle varie strutture in capo alla cooperativa per spiegare il concetto dell’amministrazione di sostegno. Fu in quella occasione che vidi per l’ultima volta Anna Nota, con la quale avevo lavorato molti anni nel Consorzio Intesa. Pur essendo di ruolo e ricoprendo un incarico importante come coordinatore dell’area disabilità, aveva scelto di licenziarsi per andare a lavorare in “Progetto Emmaus”. Incontrandoci in quell’occasione, nella sede della Cooperativa, ci salutammo con affetto: aveva un sorriso smagliante, mi disse che era molto soddisfatta della sua scelta e che stava proprio bene. Non l’avevo mai vista così espansiva e sorridente! Me la voglio ricordare così, Anna, insieme al bonsai che mi regalò nel 2007 quando andai in pensione – e che è ancora vivo e vegeto nella mia cucina. Grande donna, Anna!
Luigina Bima