Volendo considerare la pandemia come una docenza, una lezione impartita dalla vita (che per essere preservata esorta a nuovi apprendimenti, a cambiare modi di convivenza disfunzionali), il gesto di “mettere la maschera” diventa una sorta di eroismo. Coprirsi il volto diventa non solo un modo di proteggere sé stessi, ma di difendere l’Altro. Io limito la mia libertà personale per un bene collettivo. Nascondere naso e bocca dietro a pochi millimetri di tessuto diventa simbolo di solidarietà, soprattutto verso quei soggetti più fragili che dal virus vengono colpiti in maniera più incisiva. Gli anziani, i malati, i disabili, le minoranze. La maschera diventa occasione di acquisire una nuova identità, è un confine in cui l’io incontra il tu diventando “noi” – persone e gruppi accomunati dalla fragilità.
Sembrano queste le linee su cui è nato il progetto “Non gettare la maschera!”, realizzato dall’Asl Cn2 con il patrocinio di Federsanità Anci e il sostegno della Fondazione Crc di cui riceviamo notizia e diffondiamo in ottica di prevenzione e responsabilizzazione collettiva.