Un sistema sociale fondato sulla competizione e sulla richiesta di conformismo rischia di generare malessere soprattutto nelle identità in via di formazione, in chi cerca il proprio posto nel mondo, in chi posa i primi mattoni del proprio percorso di autonomia e indipendenza. Il progetto La Valigia di Arlo, dedicato ai ragazzi di età compresa tra i 16 e i 24 anni e realizzato da numerosi partner con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, è partito a maggio del 2021. L’obiettivo è trovare gli strumenti adatti ai giovani per esprimere le proprie potenzialità e nuovi modi di abitare il proprio mondo interiore. Movimento corporeo, sostegno all’abitare, scrittura creativa, teatro, registrazione e produzione musicale, fotografia, sport, canto e improvvisazione, attività agricole, stampa naturale, sartoria artigianale, viaggi di gruppo: sono solo alcuni degli strumenti che verranno creati in base alla singola persona, alle sue preferenze e particolarità. La valigia di Arlo prevede anche un “vagone” su cui possono salire le famiglie dei ragazzi coinvolti, con la possibilità di confrontarsi, dare spazio alle emozioni e creare un luogo di apprendimento e di ascolto per gestire meglio la quotidianità.
Dopo quasi un anno di lavoro, è il momento dei primi bilanci. Racconta Davide Tedesco, coordinatore del progetto: “La Valigia di Arlo ha registrato in questi ultimi mesi importanti novità. Con l’inizio del 2022 è entrata a fare parte del progetto il Tecnico della riabilitazione psichiatrica Irene Trinchero, assunta dall’AslCn2 col compito di coordinare i vari interventi e di funzionare da case manager per i ragazzi coinvolti. Con la sua nomina si sono intensificati gli invii da parte dei servizi pubblici coinvolti, in particolare da Npi e dal Dsm”.
E prosegue: “Ad oggi sono circa 30 i beneficiari, cioè ragazze e ragazzi della fascia di età compresa tra i 16 e i 24 anni coinvolti in una o più attività. Si sono costituiti gruppi espressivi di arte-terapia, musicoterapia, consapevolezza corporea e attività teatrale, ed è in programma l’attivazione di altri 2 gruppi: uno rivolto a persone con disturbo dello spettro autistico e un altro rivolto alla gestione dell’aggressività. Dal mese di marzo è entrata a fare parte del team degli operatori la psicologa Martina Giovo, che avrà il compito di supportare alcuni beneficiari in attività individuali. Ci pare importante sottolineare come l’intero impianto si fondi su una cultura orientata alla recovery e sul coinvolgimento diretto dei beneficiari non solo nella realizzazione delle attività e dei progetti, ma anche nelle fasi iniziali di messa a fuoco di bisogni e desideri, nonché durante quelle di verifica. Questo approccio, che a nostro avviso rappresenta uno degli aspetti cruciali del progetto, ha permesso di attivare risorse specifiche sulla base degli interessi dei ragazzi e delle ragazze coinvolte, permettendo una marcata personalizzazione degli interventi. Durante i prossimi mesi verranno attivati inoltre momenti di formazione e di supervisione per gli operatori coinvolti con l’obiettivo di costruire una cultura condivisa rispetto all’attuazione di interventi territoriali in ambito di salute mentale”.
Progetto Emmaus