Tra vent’anni sarete più delusi
per le cose che non avete fatto
che per quelle che avete fatto.
Quindi mollate le cime.
Allontanatevi dal porto sicuro.
Prendete con le vostre vele i venti.
Esplorate. Sognate. Scoprite.Mark Twain
Cari Amici,
chiudiamo un anno che ci ha visti impegnati su diversi fronti, con la continuità del nostro lavoro e nuove sfide che si sono profilate all’orizzonte. Su tutte, ricordo la sostenibilità della psichiatria con la riforma in atto e le forme concrete in cui si tradurrà il Dopo di noi.
Ci piace condividere alcune narrazioni e riflessioni, tra le tante emerse in Cooperativa, che hanno tratteggiato il nostro 2016.
Auguriamo a noi stessi e a tutti voi, amici, colleghi, famigliari e persone con le quali quotidianamente lavoriamo di riuscire a vivere un sereno 2017 ricco di relazioni, tempo per pensare, capacità di ascolto ed energie per intraprendere da protagonisti nuovi percorsi.
Il Presidente
La quotidianità con le fasce deboli ci stimola anche a trovare spazi di riflessione condivisi per creare un modello, di intervento, una cultura comune del lavoro con le nuove forme di domiciliarità. Dove ci collochiamo nella dinamica tra due punti estremi ideali? Da un lato la tutela, nostra, dei servizi, delle persone e dall’altro quello della promozione dell’autodeterminazione.
Dobbiamo abitare questo spazio che sta tra una funzione di tutela e una di stimolo all’autodeterminazione delle persone e alla promozione delle loro autonomie, mettendo in conto il rischio. Accettare che la persona compia delle scelte che magari noi non condividiamo, che ci fanno preoccupare perché sentiamo che potrebbero mettere in pericolo la stabilità raggiunta.
La fiducia che ciascuno costruisce in se stesso è anche legata alla possibilità di sperimentare che ci è stata data e alla possibilità di sbagliare. Autonomia significa anche sbagliare. Possiamo iniziare noi ad abitare anche gli spazi in cui ci sono delle zone nelle quali non ci è permesso di entrare.
Oggi seminiamo dubbi, in futuro vedremo quale tipo di raccolto verrà fuori.
Davide T.
Il gemellaggio tra la Scuola dell’infanzia Nostra del Suffragio ed i Bambini della Scuola di Calcio Scuola di Vita in Bolivia ha generato i primi scambi… “…da ieri martedì 5 luglio abbiamo raddoppiato i turni di allenamento nel campo di Alto Lima, La Paz, Bolivia. Sfidando il freddo pungente e il buio incombente dell’inverno altipianico, è partito un nuovo turno con bimbi e ragazzi dei 4 ai 12 anni, prevalentemente bambine. Si prevede nel giro di 3 settimane raddoppi da 100 a 200 anche il numero di partecipanti con cui giocare e crescere insieme. Alla prima sessione del nuovo gruppo erano già in 30.
Non sarebbe stato possibile senza il vostro impegno e la vostra gentilezza”.
Francesco F.
Cosa rischiamo con questa riforma della psichiatria? Di mandare all’aria la riabilitazione e la cura terapeutica così come le abbiamo conosciute e vissute con passione negli ultimi 40 anni, con percorsi riabilitativi, con una cultura dell’inclusione fatta di quotidianità e di concreto accompagnamento nella vita della comunità cittadina e territoriale, secondo criteri di apertura, di reciproca conoscenza delle plurali diversità e conseguenti responsabilità.
La riforma prevista disconosce gli insegnamenti di molti maestri, Henry e Pirella tra gli altri per noi, che molto hanno fatto partendo proprio da Torino per superare gli ospedali psichiatrici ed una certa idea di cura e contenimento. E’ davvero un rischioso cambio di paradigma, una questione culturale e sociale oltre che amministrativa, organizzativa ed economica.
Stefania M.
Quando ti misi sulla tua sedia a rotelle, imbragata come un’ alpinista, potei aprire le finestre e mi presi il tempo di guardarti un po’ meglio: eri bellissima. Con le braccia sottili riuscivi a scostarti i capelli corvini in una movenza molto femminile. La musica che avevo messo in sottofondo con l’intento di tenere compagnia a me stessa, in realtà ti piaceva e, lasciandomi basita, iniziasti a cullarti sorridendo, con gli occhi socchiusi.
Mi appoggiai al letto, la tensione nelle mie spalle iniziava a scendere e non riuscendo a fare altro che continuare a guardarti mi sorprendevo ad interrogarmi di nuovo: quando era stata l’ultima volta in cui ero riuscita a lasciarmi andare alla stessa beata serenità del vivere il singolo momento come stavi mostrandomi tu?
Daniela P.
Nelle giornate di formazione interna ho sentito a volte rabbia, a volte “magone”, a volte la fatica dello stare… ma più di tutto mi è rimasto con piacere il riconoscimento e la rilettura utile di quanto portato, espresso, o solo “circolante” e a volte agito. Rispetto al nostro lavoro credo importante l’accompagnare verso… permettere alla persona di acquisire o mantenere capacità o accompagnare a perdere… Non è detto che perseguire per forza il cambiamento significhi cambiare. A volte questo porta alla persistenza, permanenza. Altre volte è la permanenza che porta il cambiamento.
Il lavoro dell’operatore credo sia stare con, non portare a cambiare. Credere nell’altro con limiti e risorse, esserci, stare, avere fiducia nell’ospite e nei colleghi, con attenzione, consapevolezza, intenzionalità, impegno e mettendoci la faccia.
E poi la sfida, quella che viene dopo la passione: condivisione, progettualità, crescere insieme per continuare a riconoscersi. La possibilità per tutti, operatori ed utenti, di poter cadere accompagnati e di essere aiutati a rialzarsi, alternando momenti in cui si traina ad altri in cui si delega. Significa trovare/ritrovare stimoli, dare/ricevere sostegno nella fatica, condividere il piacere e portare avanti il lavoro.
Katia B.
Per noi Pollenzo era già una realtà conosciuta e frequentata da parecchi anni prima che nascesse la Comunità Aurora. Si sognava una Chiesa aperta, disponibile, attenta all’ascolto. A fine anni 90 la canonica di Pollenzo era ormai vuota e disabilitata, ma la località viva grazie ad un gruppo di laici che facevano sorgere belle iniziative: le associazioni Il Ponte ed Aurora. Proposi una comunità per disabili. Diffusa nel paese e negli ambienti della curia albese, venne accettata ed iniziarono i complessi lavori di restauro. Nel 2006 alla presenza di tanti amici, autorità, rappresentanti della curia e cittadinanza, si inaugurò la comunità Aurora, che oggi compie 10 anni.
Questa esperienza, insieme ad altre, ha anticipato la nascita nel 2013 di Fondazione Emmaus per il territorio onlus, per affrontare la problematica del Dopo di noi. La Fondazione contribuirà, attraverso donazioni, offerte e stimolo culturale e sociale, a realizzare risposte concrete con l’obiettivo di una struttura residenziale per persone prive dell’assistenza famigliare.
Coltiviamo la convinzione che i sogni, per quanto arditi, possano trasformarsi grazie alla fede, alla volontà e determinazione, in realtà. Convinzione che continuiamo a nutrire oggi nel divenire di una storia che, talvolta, avvertiamo essere più grande di noi.
Armando B.
Vivo in un gruppo appartamento. Ho vissuto un’esperienza d’aiuto ai terremotati: è stato molto bello, mi hanno fatto molta compassione i norciani che purtroppo non stanno vivendo bene. Sono stato male per loro, perché se fossi al loro posto probabilmente ora avrei perso casa mia. La Casa è importante: è il luogo in cui sei nato e cresciuto, dà molta tristezza e desolazione immaginare di perdere tutto. Per questo ho fatto un’esperienza nuova che è aiutare le persone: mi è piaciuto, è stato sempre il mio grande sogno e si è avverato veramente, quando ho potuto aiutare persone in grave difficoltà.
Non è stato facile vedere con i miei occhi quanta distruzione ha portato il terremoto, ti fa temere ancora di più che possa ricapitare. Per fortuna posso ringraziare di avere colleghi molto esperti, con i quali il supporto nei momenti difficili non è mai mancato.
Sono fiero di far parte della protezione civile.
Lorenzo C.
La cantina è ormai semi vuota: 8mani, Roero Arneis DOCG 2015, realizzato in collaborazione con l’associazione SoloRoero, è andato via veloce, complici le numerose richieste interne ed esterne alla cooperativa. La fase di commercializzazione, che tanto ci intimoriva, si è rivelata un ecologico e proficuo passaggio per fare arrivare l’Arneis e le sue doti relazionali nelle case dell’Albese e del Braidese: presente sui tavoli di mura domestiche, ma anche tavoli di osterie e rinomati ristoranti.
Sono convinto che 8mani abbia trovato, nel suo peregrinare da una cantina all’altra, da un tavolo all’altro, anime e corpi capaci di assaporarne e goderne il valore sensoriale e, perché no, il valore relazionale e sociale che è fin nelle sue viscere.
Alessandro M.