A settembre abbiamo partecipato alla formazione organizzata dalla Rete Immaginabili Risorse in Valle d’Aosta, a Morgex, nella piccola borgata di Arpy (all’Ostello Valdigne Mont Blanc). Le giornate di “ON THE ROCKS” sono state realizzate in collaborazione con l’Associazione La Bottega del Possibile ed erano rivolte agli operatori dei servizi per la disabilità, in quanto incentrate su tema dell’autodeterminazione della persona diversamente abile.
A coordinare il percorso formativo è stato il Dott. Maurizio Colleoni, Responsabile Scientifico della Rete di Immaginabili Risorse. I temi trattati sono stati i Diritti di cittadinanza e la crescita del capitale sociale di territorio, l’Adultità per un lavoro emancipativo con le persone con disabilità e l’identikit dell’Educatore inclusivo.
Durante la tre giorni di formazione sono emersi come aspetti significativi la luce, i colori e l’intensità dei racconti delle persone che hanno condiviso la loro esperienza. L’elemento chiave che ha contraddistinto tutti gli interventi è stato la chiarezza e l’energia dei vissuti e dei contenuti dei progetti. Le reazioni dei partecipanti sono state molto diversificate. Alcuni infatti, parevano infastiditi da un’esposizione che può essere definita come “molto calda” e ad alta intensità espressiva, forse perché percepita come una critica al loro lavoro, che veniva descritto come “statico” (soprattutto per gli operatori dei servizi). Ad altri invece sembrava aver creato disagio ed imbarazzo, come se si sentissero “inferiori” e in difficoltà con la rete nella quale si lavora (soprattutto per gli operatori della cooperazione sociale).
La difficoltà maggiore che abbiamo riscontrato è stata il potersi sperimentare in modo alternativo con le risorse del territorio in cui si opera. Nonostante ciò abbiamo vissuto con orgoglio tutto quello che facciamo in Progetto Emmaus e abbiamo ritrovando quel colore, quell’intensità e quell’energia, seppur con modalità diverse, nel nostro modo di operare sul territorio e nel lavoro di rete.
L’esperienza formativa ha portato alla luce l’importanza della chiarezza nell’esposizione del proprio pensiero e la grande influenza sul collettivo in ascolto per mezzo della semplificazione del contenuto esposto. Per migliorare la visibilità del nostro modo di lavorare occorre essere chiari e semplici. Semplicità non intesa come superficialità di contenuti.
E’ emerso con forza il significato del termine verbo. Verbo inteso come linguaggio. Attraverso un gioco di gruppo, abbiamo provato ad utilizzare gli stessi verbi (ascolto, adultizzazione, saper fare, mediare, etc.) ma con sfumature e significati diversi: sorge una difficoltà oggettiva nel togliersi dai propri ruoli rigidi e nel vestire panni diversi. La solita fatica dei turni, la cronicità, le regressioni degli ospiti, la ripetitività progettuale con utenti storici stimola costantemente il porre critiche ed osservazioni sull’ospite e, raramente, viene messo in discussione il ruolo dell’operatore.
In realtà è importante rivitalizzare e disquisire sul nostro ruolo e ciò non comporta mettere a giudizio la persona che educa, ma la modalità lavorativa.
Da questa esperienza abbiamo raccolto stimoli nuovi, interesse nell’approfondire temi sulle diversità attraverso la lettura ed il desiderio di confronto con realtà che lavorano con modelli differenti dal nostro, sperimentare e ricercare nel nostro ambito lavorativo ciò che nella pratica già altri hanno elaborato con piacevole fatica.
Il modello dell’educativa classica è antico e desueto, mentre i tempi attuali richiedono uno svecchiamento. L’opertare che si trasforma in mediatore e come tale, l’operatore-mediatore, si posiziona in modo neutro tra le parti coinvolte (famiglia, ospite, specialisti) poiché l’obiettivo dell’intervento è il fluire del progetto.
Nella “vecchia scuola” l’operatore fa tutto mentre il futuro perseguibile è quello di mediare con chi è specializzato in settori al di fuori di contesti protetti, per la crescita e il raggiungimento di una buona qualità di vita dell’ospite.
Dobbiamo contaminarci con la rete di specialisti, mediare e collaborare per costruire progetti personalizzati per gli utenti e coinvolgerli direttamente, togliendoli dall’inserimento in contenitori aggregativi in cui l’obiettivo principale è occupare il loro tempo vuoto.
In conclusione riteniamo che non abbia importanza raggiungere gli obiettivi prefissati (come prevede la “vecchia scuola”) bensì dare maggiore risalto ed importanza al ‘processo del cambiamento’, documentandolo, ridiscutendolo ed avendo la possibilità in futuro di renderlo nuovamente concretizzabile, grazie all’incontro con le diverse realtà e le esperienze innovative.
Portiamo con noi l’enzima di voler trovare per la nostra cooperativa stimoli e progetti nuovi che apparentemente sembrano irraggiungibili. Ciò che oggi ci sembra lontano e distante domani potrebbe essere realtà, se alimentiamo ogni giorno la voglia di Saper essere e Saper fare una “nuova cooperativa”.
Gli operatori Marta, Patrizia e Davide