Ho un vago ricordo del momento esatto in cui incontrai la prima volta Progetto Emmaus. Poteva essere la primavera del 2005.
Dovevo incontrare il presidente di Emmaus, Armando Bianco. Con tutte le buone intenzioni del giovane funzionario mi ero presentato in orario all’appuntamento, pronto a illustrare i benefici che una nuova legge regionale avrebbe potuto portare all’assetto della cooperativa. Mi ero preparato un buon discorso fatto di “pianificazione”, di “investimenti programmati sulle persone”, di “ricapitalizzazione della società”, di “controllo della gestione” e altre amenità simili.
Armando mi lasciò parlare, senza interrompere. Con una certa dose di stupore notavo che ascoltava ogni parola che usciva dalla mia bocca ma, ancora di più, scrutava il mio sguardo per capire meglio chi fossi.
Per tutta risposta in tema di pianificazione e controllo gestionale mi mostrò il software in uso. Lo conservava gelosamente. Aveva l’aspetto puntiglioso e meditato, come tutti i migliori fogli di calcolo… ma un foglio lo era veramente, di carta… ed era archiviato all’interno del portafogli, benedetta coerenza!
Poi successe l’inaspettato. Armando mi regalò una frase tanto ferma e misurata da risultarmi destabilizzante. Disse pacatamente, guardandomi negli occhi: “Ho capito quello che mi hai detto, e mi sembra interessante. Ma ho capito soprattutto che mi sembri una persona sincera e che mi posso fidare di te. Insieme faremo cose belle”.
Con il tempo ho smarrito le parole precise, ma conservo il senso: per valorizzare le persone è necessario ascoltarle e dir loro con schiettezza che cosa ci si attende. Sono convinto che questo tipo di atteggiamento sia diventato la cifra stilistica della Cooperativa. E’ per me rimasto il primo motivo per cui sono orgoglioso di collocarmi tra gli amici.
Marco Abbadessa