“La solitudine che respirano le famiglie è molto pesante. Ci sentiamo sovente sperse, confuse e nell’impossibilità di trovare un’adeguata integrazione tra gli interventi per i nostri figli. Anche se i professionisti sanitari che ci affiancano possono essere competenti e sensibili, si respira frammentazione e finiamo per sentirci in un turbine in cui i pezzi non possono essere appaiati, non possono trovare armonia tra loro, o continuatività adeguata”. Così un genitore di un ragazzo di 18 anni racconta il proprio viaggio quotidiano nel mondo della salute mentale. “Per me, il Progetto La Valigia di Arlo ha rappresentato la possibilità di dare voce alla mia voce. Di sentirmi parte di un viaggio verso la costruzione di diritti per le persone con difficoltà. Per combattere la sensazione di abbandono, i processi di colpevolizzazione e la frammentazione che ci circonda. Ho potuto respirare nuova speranza. Sovente infatti le famiglie vengono considerate responsabili delle sofferenze dei figli: come se la colpa fosse dei genitori. In verità, noi abitiamo in mondo sociale denso di ingiustizia e disuguaglianza. E’ questo il vero problema. Dobbiamo passare dalla logica della vergogna e della colpa, a quella della consapevolezza e dell’emancipazione”.
Il Progetto La Valigia di Arlo, dopo due anni di attività, giunge al termine. Realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, è stato portato avanti da una rete complessa. Oltre alla nostra cooperativa, le associazioni Pons e Diapsi Alba-Bra OdV, l’Asl CN 2 Alba-Bra con i Servizi di Dipartimento di Salute Mentale, Psicologia, Neuropsichiatria Infantile, Serd e Progetti Innovativi; poi il Consorzio Alba Langhe e Roero, i Servizi Sociali Intercomunali di Bra, i Comuni di Alba e Bra, la Cooperativa Alice e la Società Agricola cooperativa sociale Release. Il territorio di svolgimento è quello di pertinenza dell’Asl Cn2 Alba-Bra.
Il tentativo de La Valigia di Arlo è stato quello di contribuire al miglioramento della qualità della vita dei giovani con età compresa tra i 16 e i 24 anni con esperienza di sofferenza mentale in ambito psichiatrico, supportando al contempo i loro familiari e caregiver e contrastando lo stigma che sovente si viene a produrre a livello sociale.
Dopo il Covid, in particolare, le difficoltà legate alla salute mentale si sono moltiplicate nella fascia adolescenziale e dei giovani adulti. Le azioni di Arlo si sono svolte sul territorio di Alba e Bra (75 comuni) e hanno accolto circa 100 beneficiari. Dalla “valigia” (una sorta di cassetta degli attrezzi pratica e teorica) sono stati estratti ed utilizzati strumenti variegati e adatti al momento di vita attraversato, considerando la soggettività del destinatario e soprattutto la sua volontà, i suoi desideri. Troppo sovente infatti la persona che attraversa un periodo di difficoltà viene “indirizzata” da altri, le decisioni vengono prese al suo posto secondo una modalità paternalistica e sostitutiva. In Arlo invece si sperimentava un cambio di rotta: era la persona stessa, a prescindere dalla difficoltà attraversata, che insieme all’operatore stabiliva i propri obiettivi, sogni, percorsi.
Nel progetto sono stati attivati affiancamenti individuali (un operatore trascorreva una o più ore insieme al ragazzo o alla ragazza, in contesti non connotati a livello istituzionale come l’abitazione, il bar, il parco, ecc.), oppure sono stati attivati percorsi di sostegno alle famiglie, attività espressive e artistiche (come la musicoterapia, l’arteterapia e la danzamovimentoterapia o il teatro), attività di artigianato e di socializzazione, sportive e agricole; poi sostegno emotivo-relazionale, formazioni peer-to-peer, progetti di vita indipendente e accompagnamento all’abitare. E tanto altro.
L’obiettivo non è più l’eliminazione della malattia o il raggiungimento di una guarigione intesa come “assenza di sofferenza”, ma un processo di crescita più ampio e integrato, un viaggio, un processo complesso e non lineare di cambiamento, un’esperienza di crescita oltre la malattia. E’ il concetto di “recovery”, pilastro teorico sempre più centrale nel mondo della psichiatria.
Nell’ultima settimana di maggio (nell’ambito delle celebrazioni della Giornata del diritto alla salute) con programma ancora da definire, verrà organizzato un evento finale a conclusione e sintesi del progetto. Sul nostro sito e sulle nostre pagine social pubblicheremo il programma completo. Sarà un modo per raccontare il progetto, per dare voce ai suoi protagonisti, principalmente ai beneficiari ma anche agli operatori coinvolti.
Conclude il genitore: “Ci spiace che il progetto finisca, perché dopo due anni sentivamo di essere appena entrati nella relazione di fiducia, di aver appena avviato processi virtuosi e vitali. Adesso dovremo escogitare, con consapevolezza, nuove modalità di andare avanti, di affrontare le sfide della quotidianità”.
Progetto Emmaus