Lo sport può essere radice che aggrappa, ramo che sostiene e linfa che scorre nella corteccia delle relazioni. E’ una rete capace di immaginare nuovi futuri senza l’uso delle parole. “Questo connubio lo abbiamo sperimentato lo scorso week end, quando si sono svolti a Torino i giochi nazionali estivi “Special Olympic” – a cui hanno partecipato più di 3mila atleti con disabilità intellettiva in più di 10 specialità sportive. Esempio? Il basket unificato: in campo le squadre schieravano 3 atleti “special” e 2 partner, cioè atleti volontari scesi in campo per permettere a tutti di giocare una partita “inclusiva””. Sono le parole di Roberto Schinca, educatore professionale della nostra cooperativa che ha guidato la delegazione dell’associazione albese Sportabili.
Roberto racconta come nei tre giorni di gare “abbiamo dato spazio a tutti i ragazzi affinché potessero esprimersi ma, soprattutto, divertirsi e godersi la fantastica esperienza. E’ stato davvero emozionante vedere gli atleti della squadra così coinvolti, attenti e vogliosi di mettersi in gioco, i genitori disponibili e pronti a fare il tifo ad ogni azione. Siamo arrivati secondi nel girone, battuti di un solo punto in una finale combattutissima dagli amici di Castellinsieme”. Il racconto prosegue rilevando come un’esperienza di questo tipo sia stata possibile soltanto grazie alla sintonia relazionale tra ragazzi e partner, all’organizzazione precisa dei volontari di Sportabili, alla gestione dello staff e all’appoggio delle famiglie. Conclude Schinca: “Sentiamo di aver posto un tassello fondamentale nella costruzione del percorso umano di questa squadra. Ora ci godremo qualche giorno di meritata pausa prima di ricominciare a partecipare ad alcuni eventi sul territorio per promuovere il progetto e farci conoscere. Non dimentichiamo che lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose, di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione”.
La funzione inclusiva delle pratiche di gioco si rivela necessaria nel perseguimento di un’ottica relazionale cooperativa e meno competitiva, espressiva e meno performativa. Esperienze territoriali come quella dei giochi nazionali “Special Olympics” può diventare così officina di nuove filosofie, sperimentazione di paradigmi relazionali differenti e antitetici a quelli dominanti.
Progetto Emmaus